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Título del texto editado:
“Orazione fatta in Parnasso dal signor cavaliere Marino in morte e lode del poeta d’Europa e Fenioce spagnuola il signor Lope de Vega”
Autor del texto editado:
Franchi, Fabio, ficcionalizado como Marino, Giambattista (1569-1625)
Título de la obra:
Essequie poetiche, ovvero Lamento delle Muse Italiane in morte del signor Lope de Vega, insigne ed incomparabile poeta spagnuolo. Rime e prose raccolte del signor Fabio Franchi, perugino. Dedicate all’illustrisimo ed eccellentissimo signor don Gio. Antonio de Vera e Figueroa, conte della Roca.
Autor de la obra:
Franchi, Fabio
Edición:
Venecia: G. Imberti, 1636


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Orazione fatta in Parnasso dal signor cavaliere Marino in morte e lode del poeta d’Europa e Fenice spagnuola il signor Lope de Vega


Fu’ doloroso giorno per Parnasso quello che arivò là l’avviso della morte del signor LOPE DE. VEGA, felicissimo Cigno Spagnuolo, perché, anche il Sacro Apollo e gli Eroi della sua risplendente Corte lo avevano da godere seco, a tutti parve che il mondo restasse orfano, la, prima Cattedra della Poesia vacante, gli Ingegni senza Tramontana, ed il Divino Apollo senza Lira che dimostrasse a’ mortali perfettamente il suo sacro furore. Furono subito decretate le sue essequie non in modo ordinario, ma superiori a quello che si costuma con li piu celebri Poeti, Filosofi ed Oratori. Adornossi il gran Tempio non con panni lugubri, squallide Torcie e profumi. metaforici, ma con splendori Delfici, Aromati Sabei, Epitaffii circondati d’alloro e nuove Statue di tutte le scienze, fra le quali, come interessate nell’azione presente, avevano il primo luogo la Poesia Epica, Lirica e Comica. In mezzo del Tempio sacro, sopra Colonne Doriche, Corinthie, Toscane e miste, era sostenuta una gran Tavola di pietra in forma quadra, che senza esser Diamante, Rubino, Smeraldo, Zaffiro, Girasole, Topazio, Corniolas, Giacinto, Amastica, Occhio di Gatto, Porfido o Caspe, somigliava esser il tutto. Sopra di questa giaceva la effigie dell onorato Poeta disegnata da Apelle ed aperta in Medaglia da Lisippo, sopra il cui Capo sostenute in aria per se stesse, si vedevano tre Corone d'Alloro, Mirto e Quercia. Usci il Diafano Legislatore del giorno, Apollo Sacro, dall'Oriente del suo Palazzo e s'incamminò al Tempio, precedendoli avanti magnifico stuolo di uomini Greci, Latini e Toscani, e più vicini alla sua persona alcuni Spagnuoli (per esser giorno dedicato all'onore del loro Poeta), frà i quali erano li più immediati al Delio Principe Gio. de Mena, Garzilaso, Camoes, li due Luperzij, don Diego de Mendoza, il Conte de Salinas, Herrera, Boscan, Figueroa, Ausias March, Arguixo, Medrano, Corterreall, Lobo e Gongora. L’intonso Apollo occupò un Trono disegnato dalla penna di Ovidio, e subito gli Eroi scientifici i suoi circoli, e luoghi, quando da un Pulpito, che faceva corrispondenza con il solio Cinzio e con il Piedestallo della effigie del Laureato Poeta, usci improviso il Cavalière Marino, e con voce purgata, e sonora e dolce, facendo prima riverenza ad Apollo, disse:

“Arbitro Serenissimo del giorno, oggi si celebra per vostro decreto l'ultimo onor mortale ad uno spirito sublime, che sarà eternamente raccomandata la sua cara memoria frà i culti e volgari. Con dire che sono Essequie della Sicilia copiosa delle scienze, della Grecia delle Inventive, della Italia della cultura, della miniera del numero (benchè il vasto naturale del gran Poeta a guisa di Oceano eccedeva argini, e sponde) ed ultimamente con dire che sono Essequie d’ un' Ingegno che con magistero dilettabilé fu maraviglia delle Nazioni, s'intenderà, che sono aggiustati attributi della Fenice Spagnuola, del famoso LOPE DE VEGA, Cigno incomparabile del Tago, Nave Argo che roppe il Pelago dell' Ignoranza delle Commedie, Colombo fortunato che discoperse le Indie della ricchezza Poetica, Maestro di tanti canori Cigni, che a sua imitazione felicemente cantano nell' Iberia (che per essere anco Cittadini del mondo non li nomino) Virgilio, Tasso, Lucano, Sannazaro, Boccaccio de Mauzares. Esser Tasso e Virgilio lo prova la sua Gerusalemme Spagnuola; esser Lucano si vede nel suo Isidro Poema Istorico eccedere: il Sannazaro lo conferma la sua Arcadia, e superiore al Boccaccio le sue novelle. Che fu illustratore, della Musa Comica e Boschereccia lo provano le sue Commedie, poichè, trovandole nei poveri panni, che le lasciarono Terenzio e Plauto, o almeno nel miglioramento del Pastor Fido e dell' Aminta, aggiustando il nostro Lope il suo lngegno alli tempi e qualità delle naziani, dilato quelli stretti, ancorché bellissimi principi, e della moralitä comune e delle facezie violenti di Creme e Trason si avvanzò a grazie inimitabili, a dottrina seria ed a trattenimento onesto, con tale imperio sopra li affetti, che, finendo certo Comico di recitare la figura di Gestas, si translatò dalle sue bestemmie a cosi vive lodi dell’Agnello sactificato (per quelle; che la pietosa eloquenza di LOPE pose nella bocca di Dimas), che subito si ritirò a continuarle nel deserto per tutto il tempo di sua vita, e ad un altro Comico, che rappresentara il gran Francesco nella Commedia che chiamò Il Serafino umano, si attacarono tanto al cuore i divini colloqui, gli ardenti affetti che quel gran Patriarca aveva con Cristo, che dalla Conpagnia de Comici si transferi alla Congregazione Serafica, nel cui Coro fino alla morte reiterò per se stesso i concetti che in figura del divino Francesco aveva recitato nel Teatro. Pindaro, Tibullo, Properzio, Orazio, Anacreonte, Catullo, Marziale, Persio, Petrarca, Ariosto, Sannarato, Tasso, Tansillo, Franco, Minturno e Grillo, tutti cedono per modestia e per giustizia alle Opere di questo Spagauolo insigne, che scrisse in tutti gli argomenti, che scrissero loro molto piu che tutti insieme, come si vede nella sua Gerusalemme, lsidro, Arcadia, Peregrino, Dragontea, Pastores de Bethlem, Soliloquii, Rosa bianca, l’Andromeda, Regina di Scozia, Rime Sacre e profane, Lauro di Apollo, Prosespina rubata, Corona Tragica, La mattina di S. Giovanne, Circe, Filomena, novelle e commedie. Io, sebbene indegno d'esser nominato frà tanti valorosi Ingegni, confesso che ho cavato dalle Opere del GRAN LOPE i più belli concetti, che hanno onorato le mie, e l'istesso confessano molti altri virtuosi Toscani, e generalmente tutti li Spagnuoli, perchè è notorio che per la dolcezza della sua frase camminò lungo tempo il famoso lirico Gongora, ed in Parnasso si ebbe avviso che anco procurò d’imitarlo nelle commedie e, non potendo arrivarlo, lasciò l'assunto e si ritirò a fondare altamente la Religione de' Poeti Riformati, e l'Orazio, o Seneca Spagnuolo, Luperzio il Prete, nel numero e sale del miracoloso LOPE si sapori assai tempo, e riconoscendo che il suo naturale gli dimandava altro modo, si accostò alla protezione di Marziale e d'altri, da' quali comprò con sudore quello che alla Fenice LOPE (ancorchè tanto letterato) la natura francamente somministrava in tal maniera, che molti credono, che la scienza chepossedeva gli serviva di grilli, non di ajuto, perchè appena la velocità della penna poteva seguitare l'abbondanza della immaginativa; e prova questa verità la detta quantità delle sue Opere, che sarebbe impossibile che una millesima parte di esse potesse farla un altro Poeta, mezzo naturale e mezzo imitatore. E se alcuno Aristarco dirà che per questo sarebbe più corretta e preziosa questa millesima parte, meriterà esser punito severamente come Poeta Eretico, che ripugna la censura fatta per il Claustro Delfico nelle Opere del gran LOPE, del cui culto castigato e rigoroso si leggono più opere che di tutti quanti per mancamento di naturale per scrivere assai, fanno misterio di scriver poco. Quante commedie del Laureato Poera si leggono scritte coll'arte antica, che le fece non per altro che per dimostrare la possedeva, e furono al gusto e parere del mondo (che in questa età si trova d'altra maniera che al tempo di Terenzio) inferiori alle altre, nelle quali dice l'Invidia che mancò l'Arte. Principe radiante e Padre delle Scienze, stimo che sarebbe convenienza disingannare gli uomini che questo che chiamano Arte, mai fù tua legge, ma si bene invenzione d' Ingegni difettosi e poveri, che non poterono lasciar legati alla sua osservanza gl'Ingegni superiori, che gli succedettero, o almeno impossibilitati di aggiungere o minuire le sue regole. L'arte della perfetta bellezza, e della vera simetria non è altro che un oggetto altamente aggradabile alla vista; questo genera amore e desiderio. Ascoltando mi sta quello, che lo disse meglio in due versi:
Amor altro non è, che un bel desiod' effigie, che l' Amante approva bella.

Vera arte di Commedie è quella che mette in Teatro quello che piace agli Uditori; questa è regola invincibile della Natura, e voler la carestia d'ingegno o il far del critico a poca spesa, sostentare che una effigie sia bella perche abbia le figure del volto corrispondenti all'arte, se gli manca quel ingasto e aria inesplicabile, ed invisibile con il quale la Natura (con l'Arte) le lega insieme, sarà voler sostentare che la natura sia inferiore a quelli, che, crepando di critici, fingono al loro beneplacito l'arte in ogni cosa. Basti per onor di LOPE il consenso, senso ed applauso delle nazioni, poichè in Italia e Francia quelli che rappresentano commedie per accrescere il guadagno mettono nei cartelli che rappresentano un soggetto di LOPE DE VEGA, e con questo manca loro coliseo per la gente e casse per i danari. LOPE fu sommamente pieno dell'arte convenevole e d' un impulso naturale a nessun altro concesso: fù quello che scrisse due mila commedie di 12. fogli, cosa più degna da dubitarsi che li due mila Epigrammi che l'antichità esagera aver fatto un autore per la bellezza di Helena, e che, se non si fossero vedute rappresentate e stampate, non si potrebbe credere. Non devo tralasciare l'obbligo, che tutti i grandi Ingegni hanno di onorare le ceneri di questa Fenice, poichè la sua Musa mai fu avara nella lode de suoi naturali e de stranieri, cercando occasione di farlo ne' suoi scritti seminati di encomj di sangue, di valore e di lettere di persone degne. E cosi è giustizia, e non mera grazia la retribuzione e corrispondenza, e poichè li Cigni del Danubio, Mosa e Reno sono oggi occupati per il Dio Marte nelle imprese belliche, e tanti anni sono, che nascono muti quelli del Gange, Tigre, Eufrate, e nel Greco clima non risuona voce canora nelle rive d'Ismeno, Assopo, Alfeo, Paniso, Siconio, Strimone, Assio e Mela, conviene che li sempre dolci, e sonori che annidano dal nascimento del Po sino al Sepolcro del Manzanar Sabeto, e li felici che bevono nel Tago, Betis, Guadiana, Ebro e Pisuerga ajutino a piangere la morte del loro eminente Compagno e Principe, ed insieme a cantare i suoi meriti ed eternare la sua memoria, perchè l’onor de' morti sia impulso a’ vivi e gloria del nostro Principe flammigero, il cui Gremio in tal modo nella sua istessa corruzione troverà il suo augumento; ed in nome delli Poeti d’Italia, Principe intonso, ti supplico che quelli, che, mancando di questo come ignoranti ed invidiosi, offenderanno la memoria di questo celeberrimo Poeta, il tuo invincibile Decreto li dichiari per Ribelli del tuo Imperio e più inumani che i Tragloditi e Bracmani. E perchè, conforme al buon ordine le ponderazioni devono essere da minore a maggiore, ed il fine di questa azione è il ponderare i rari meriti di un figlio tanto altamente regalato delle Muse, sarà principio di questo e fine della mia Orazione un Sonetto che ho fatto in Idioma Spagnuolo per corrispondere ai versi con che il gran LOPE mi onorò nell' Idioma Italiano e nella dedicazione d’una bellissima commedia, che sarà il punto basso, sopra che cresceranno quelli della sua Musica i dolci, ed eleganti Spiriti,che mi seguiteranno nel Toscano Idioma.

Sonetto del signor cavalier Marino,in morte e lode del gran Lope de Vega

Discurre a Etiopia el ave no engendrada,
de admirables despojos revestida,
de volátil escuadra perseguida,
porque la miran digna de envidiada.

Edad y gloria logra dilatada
hasta que en la materia prevenida
introduce alta llama, que la vida
le quita a un tiempo y deja renovada.

Tal, oh Lope, español Fénix, volaste
y, a pesar de la envidia, que venciste,
triunfos de aplauso general lograste.

Y bien que a ley fatal obedeciste,
vida igual a los siglos vinculaste
en las obras insignes que escribiste.”






GRUPO PASO (HUM-241)

FFI2014-54367-C2-1-R FFI2014-54367-C2-2-R

2018M Luisa Díez, Paloma Centenera